

Alice in Chains: La storia oscura e immortale del grunge metal
Le origini nell’underground di Seattle
Seattle, fine anni ’80. In un periodo in cui il grunge iniziava a emergere tra i club della città, una band stava prendendo forma, destinata a diventare uno dei nomi più influenti della scena. Gli Alice in Chains nacquero dall’incontro tra Jerry Cantrell, un chitarrista con un talento per riff potenti e malinconici, e Layne Staley, un cantante dalla voce unica, capace di esprimere dolore e intensità.
Cantrell, cresciuto con influenze di metal e blues, incontrò Staley grazie a una serie di coincidenze. Layne era già noto per il suo progetto precedente, Alice N’ Chains, che aveva un approccio ironico al glam rock. Quando iniziarono a collaborare, l’alchimia fu immediata. La formazione si completò con Mike Starr al basso e Sean Kinney alla batteria.
All’inizio, la band esplorava diversi stili musicali: heavy metal, hard rock e le sonorità nichiliste del grunge. Ma presto trovarono la loro identità sonora: un mix cupo e pesante che esprimeva emozioni profonde. Dopo aver registrato alcune demo che attirarono l’attenzione delle etichette discografiche, firmarono con la Columbia Records nel 1989. Questo segnò l’inizio di una carriera che avrebbe portato sia al successo che a tragedie personali.
“Facelift” e l’esplosione del grunge
Nel 1990, gli Alice in Chains pubblicarono il loro album di debutto, Facelift. Sebbene inizialmente accolto tiepidamente, il disco ottenne grande attenzione grazie al singolo Man in the Box. Con il suo riff ipnotico e il canto inquietante di Staley, la canzone divenne un simbolo generazionale.
L’album segnava una differenza rispetto ad altre band grunge come Nirvana o Soundgarden: gli Alice in Chains integravano elementi di heavy metal e blues nel loro sound. Le armonie vocali tra Cantrell e Staley erano uniche e creavano una tensione emotiva tra rabbia e malinconia.
Grazie anche a strategie promozionali innovative (come il video live Live Facelift), l’album vendette oltre due milioni di copie negli Stati Uniti. Questo successo aprì la strada all’ondata grunge che avrebbe dominato gli anni ’90. Tuttavia, il successo portò con sé anche pressioni crescenti per la band.
“Dirt” e il lato oscuro della fama
Nel 1992 uscì Dirt, considerato uno dei capolavori della band e dell’intero decennio. L’album affrontava temi come la dipendenza da droghe, l’autodistruzione e il dolore personale. Brani come Rooster (dedicato al padre di Cantrell), Down in a Hole e Would? (colonna sonora del film Singles) catturavano le lotte interiori della band.
La voce di Staley trasmetteva una sofferenza autentica, mentre i riff di Cantrell erano pesanti ed evocativi. L’album vendette oltre cinque milioni di copie ed è tuttora considerato uno degli album più influenti del rock anni ’90.
Tuttavia, dietro le quinte la situazione era critica. La dipendenza da eroina di Staley peggiorava visibilmente. Poco dopo l’uscita dell’album, Mike Starr lasciò la band ed è stato sostituito da Mike Inez (ex bassista della band di Ozzy Osbourne).
“Jar of Flies” e il lato acustico degli Alice in Chains
Nel 1994 la band pubblicò l’EP acustico Jar of Flies, registrato in soli sette giorni durante una pausa dalle attività live. Il disco mostrava un lato più intimo degli Alice in Chains ed esplorava temi come isolamento e vulnerabilità.
L’EP debuttò al primo posto nella classifica Billboard 200 – una prima assoluta per un EP – grazie a brani come No Excuses e Nutshell. Questo lavoro dimostrò che la band non era solo distorsioni pesanti ma anche emozione pura.
Nonostante il successo commerciale e artistico dell’EP, Layne Staley era sempre più intrappolato nella sua spirale autodistruttiva. Il suo stato fisico ed emotivo rendeva difficile per la band mantenere una continuità creativa.
Il declino e la scomparsa di Layne Staley
Nel 1995 uscì l’album omonimo Alice in Chains, spesso chiamato Tripod per via della copertina con un cane a tre zampe. Nonostante contenesse successi come Grind e Again, le condizioni di Staley rendevano impossibile promuovere adeguatamente il disco con tour regolari.
Dopo alcune esibizioni televisive inquietanti – dove Staley appariva emaciato – la band smise quasi completamente di suonare dal vivo. Nel 1996, Layne si ritirò dalla scena musicale per vivere isolato a Seattle. La morte della sua fidanzata Demri Parrott nel 1996 aggravò ulteriormente le sue condizioni.
Il 5 aprile 2002 Layne Staley fu trovato morto nel suo appartamento per overdose da speedball (un mix letale di eroina e cocaina). Il suo corpo fu scoperto due settimane dopo. La sua morte segnò la fine definitiva dell’era classica degli Alice in Chains.
La rinascita con William DuVall
Dopo anni di silenzio, nel 2005 Jerry Cantrell, Sean Kinney e Mike Inez decisero di tornare insieme sul palco. Per sostituire Staley scelsero William DuVall, un cantante capace di rispettare l’eredità del passato senza imitarlo.
Nel 2009 pubblicarono Black Gives Way to Blue, dedicato alla memoria di Layne Staley. La title track vedeva Elton John al pianoforte ed era un commovente addio al cantante scomparso. L’album ricevette recensioni positive ed ebbe successo commerciale.
Negli anni successivi pubblicarono altri due album: The Devil Put Dinosaurs Here (2013), che affrontava temi sociali e religiosi, e Rainier Fog (2018), un omaggio alle loro radici a Seattle. Questi lavori dimostrarono che gli Alice in Chains erano ancora rilevanti nel panorama rock contemporaneo.La storia degli Alice in Chains è una delle più intense del rock moderno: dalla gloria alla tragedia personale fino alla rinascita artistica. La loro musica continua a ispirare generazioni grazie alla combinazione unica di oscurità emotiva ed energia potente.
discografia ⬇️⬆️
Facelift | 1990 | Album di debutto, grunge con influenze metal. Include Man in the Box. |
Dirt | 1992 | Capolavoro del grunge, temi oscuri come droga e depressione. Con Rooster e Would?. |
Jar of Flies (EP) | 1994 | Acustico e sperimentale, primo EP a debuttare nº1 in Billboard. Con No Excuses. |
Alice in Chains (aka Tripod) | 1995 | Album più sperimentale, atmosfere cupe e distorte. Include Grind e Over Now. |
Unplugged (Live) | 1996 | Registrazione acustica per MTV, performance iconica con Layne Staley. |
Black Gives Way to Blue | 2009 | Primo album con William DuVall (nuovo cantante). Ritorno dopo 14 anni. |
The Devil Put Dinosaurs Here | 2013 | Sonorità più pesanti e riff oscuri. Include Hollow e Stone. |
Rainier Fog | 2018 | Omaggio a Seattle, mix tra sound classico e nuove sperimentazioni. |
curiosità
Il nome della band: Alice in Chains prende il nome dal precedente progetto di Layne Staley, Alice N’ Chains, una band glam metal attiva tra il 1986 e il 1987. Il nome originale era pensato per evocare un mix di ironia e provocazione, ma fu modificato per evitare riferimenti troppo espliciti al bondage.
L’incontro tra Cantrell e Staley: Jerry Cantrell incontrò Layne Staley a una festa nel 1987. Cantrell, all’epoca senza casa, fu invitato da Staley a vivere con lui nel Music Bank, uno studio di Seattle dove entrambi si esercitavano. Questo segnò l’inizio della loro collaborazione musicale.
Il debutto improvvisato: Due settimane dopo la formazione della band, gli Alice in Chains suonarono alla Washington State University. Per riempire il set di 40 minuti, alternarono cover di Hanoi Rocks e David Bowie a pochi brani originali.
La demo bloccata dalla polizia: Prima di registrare la loro demo The Treehouse Tapes nel 1988, il Music Bank fu chiuso per un raid antidroga, il più grande nella storia dello stato di Washington. Nonostante questo ostacolo, la demo fu completata e attirò l’attenzione della Columbia Records.
Il singolo “Man in the Box”: Questa canzone del 1990 fu il primo grande successo della band, raggiungendo il numero 18 nella classifica Mainstream Rock di Billboard. Il suo riff ipnotico e il canto inquietante di Staley segnarono l’inizio dell’ascesa degli Alice in Chains nel panorama musicale mainstream.
Layne Staley su stampelle: Durante il tour con Ozzy Osbourne nel 1992, Staley si fratturò un piede in un incidente con un ATV. Nonostante l’infortunio, continuò a esibirsi sul palco usando le stampelle.
Mike Starr e la sostituzione: Mike Starr lasciò la band nel 1993 per divergenze sulle priorità. Anni dopo dichiarò che la sua dipendenza da droghe fu una delle cause principali del suo allontanamento. Fu sostituito da Mike Inez, che aveva già collaborato con Ozzy Osbourne.
L’EP acustico “Jar of Flies”: Registrato in soli sette giorni nel 1994, Jar of Flies fu il primo EP nella storia a debuttare al primo posto nella classifica Billboard 200. Questo lavoro mostrò un lato più delicato e riflessivo della band.
Le armonie vocali distintive: Gli Alice in Chains sono noti per le loro armonie vocali uniche. Durante l’era di Layne Staley, queste erano condivise tra lui e Jerry Cantrell; successivamente, Cantrell collaborò con William DuVall per mantenere questa caratteristica distintiva.
Collaborazione con Elton John: Nel loro album del 2009 Black Gives Way to Blue, dedicato alla memoria di Layne Staley, Elton John suonò il pianoforte nella title track. Questo fu un omaggio emozionante al cantante scomparso.
Influenza duratura: Nonostante i cambiamenti nella formazione e le difficoltà personali dei membri originali, gli Alice in Chains continuano a essere una delle band più rispettate del rock alternativo e grunge. Hanno venduto oltre 30 milioni di dischi nel mondo e ricevuto undici nomination ai Grammy Awards