Fabrizio De André: Il Poeta degli Ultimi
In una Genova di vicoli stretti e odore di mare, tra pescatori e rivoluzionari in cerca di libertà, nacque Fabrizio De André, il cantautore che avrebbe dato voce agli ultimi, ai dimenticati, agli sconfitti. Un uomo capace di trasformare la poesia in musica e la musica in resistenza, in un’epoca di cambiamenti e di sogni infranti.
Gli Anni della Formazione
Nato il 18 febbraio 1940, Fabrizio crebbe in una famiglia colta e benestante. Suo padre, un uomo di cultura e antifascista, gli trasmise valori di libertà e giustizia che segnarono profondamente la sua produzione artistica. La passione per la musica arrivò presto, con le influenze del jazz e della chanson francese, da Georges Brassens a Jacques Brel. Ma fu l’incontro con la letteratura e la filosofia a fornirgli lo strumento per plasmare la sua visione del mondo.
Gli Esordi e il Successo
Negli anni ’60, De André iniziò a scrivere e incidere le sue prime canzoni, ispirandosi alla poesia di Villon e Baudelaire. “La canzone di Marinella”, il primo successo, arrivò nel 1967 grazie all’interpretazione di Mina, consacrando il nome di De André nel panorama della canzone d’autore italiana. La sua musica divenne un racconto lirico e struggente di vite ai margini, di prostitute, banditi e sognatori senza tempo.
Il Cantore degli Ultimi
Nei suoi album, Fabrizio costruì universi narrativi potenti e indimenticabili. “Tutti morimmo a stento” (1968) fu un concept album visionario, mentre “La buona novella” (1970) reinterpretò la figura di Cristo attraverso i Vangeli apocrifi. Con “Non al denaro, non all’amore né al cielo” (1971), ispirato all'”Antologia di Spoon River”, De André raccontò con toccante profondità le fragilità umane.
Gli anni ’70 furono segnati da una sperimentazione incessante e da collaborazioni fondamentali, come quella con la Premiata Forneria Marconi (PFM), che diede nuova linfa alle sue canzoni con arrangiamenti progressive. “Rimini” (1978) segnò l’inizio di un percorso musicale più contaminato, dove il folk si mescolava con la musica sudamericana e mediterranea.
Il Rapimento e la Rinascita
Nel 1979, De André e Dori Ghezzi, sua compagna di vita e di arte, furono rapiti dall’Anonima Sequestri in Sardegna e tenuti prigionieri per quasi quattro mesi. Questo evento segnò profondamente Fabrizio, rafforzando il suo legame con la Sardegna e con le sue radici arcaiche. Da questa esperienza nacque “L’indiano” (1981), un disco denso di metafore e di riflessioni sulla condizione umana, dove la figura dell’indiano d’America divenne simbolo di tutte le oppressioni.
Gli Ultimi Anni e l’Eredità
Negli anni ’90, Fabrizio De André continuò a esplorare nuove sonorità con “Le nuvole” (1990) e “Anime salve” (1996), un testamento musicale in cui il cantautore celebrò la libertà e la diversità. L’influenza della musica etnica, le collaborazioni con Ivano Fossati e la poetica della marginalità resero questo album un capolavoro senza tempo.
Il 11 gennaio 1999, Fabrizio De André si spense a Milano, lasciando un’eredità musicale e poetica immensa. Le sue parole, ancora oggi, risuonano nelle strade e nei cuori di chi cerca giustizia, bellezza e verità.
Conclusione
Fabrizio De André non è stato solo un cantautore: è stato un poeta, un narratore di vite nascoste, un rivoluzionario della parola. La sua musica continua a ispirare generazioni, ricordandoci che la bellezza può nascere ovunque, anche tra le macerie dell’umanità.
discografia
DISCOGRAFIA ⬆️⬇️
Tutti morimmo a stento | 1968 | Primo album ufficiale, con temi sociali e poetici, tra cui la celebre “La guerra di Piero”. |
Volume III | 1968 | Album che include canzoni come “La canzone di Marinella” e “Via del Campo”. |
La buona novella | 1970 | Ispirato ai Vangeli apocrifi, con una rilettura laica e umana della religione. |
Non al denaro non all’amore né al cielo | 1971 | Adattamento de L’antologia di Spoon River, con riflessioni sulla vita e la morte. |
Storia di un impiegato | 1973 | Concept album ispirato al movimento del ’68 e alla lotta contro il sistema. |
Canzoni | 1974 | Raccolta di successi precedenti, riarrangiati in chiave acustica. |
Volume VIII | 1975 | Include brani come “Amico fragile” e “La cattiva strada”. |
Rimini | 1978 | Album che racconta storie di emarginazione e vita di provincia. |
Fabrizio De André (L’indiano) | 1981 | Conosciuto come “L’indiano”, tratta temi come la colonizzazione e l’identità. |
Crêuza de mä | 1984 | Album in dialetto genovese, con sonorità mediterranee e folk. |
Le nuvole | 1990 | Ritorno alle origini, con canzoni come “Don Raffaè” e “La domenica delle salme”. |
Anime salve | 1996 | Ultimo album in studio, con temi come l’emarginazione e la libertà. |
Mi innamoravo di tutto | 1997 (postumo) | Raccolta di inediti e versioni alternative. |
Da Genova | 2020 (postumo) | Registrazioni live e inediti risalenti agli anni ’60. |
curiosità
L’odio per la scuola e il destino beffardo
De André non era un amante della scuola. Da giovane venne bocciato al liceo classico Colombo di Genova, e suo padre lo iscrisse all’istituto tecnico. Eppure, anni dopo, il liceo stesso gli dedicò un’aula.
L’album mai pubblicato su Edgar Lee Masters
Faber aveva progettato un album ispirato alla Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, ma il progetto rimase nel cassetto. Solo alcune canzoni come Dormono sulla collina e Un malato di cuore videro la luce.
L’amicizia con Fernanda Pivano e il legame con gli USA
Fernanda Pivano, traduttrice di grandi autori americani, adorava De André e lo aiutò a conoscere meglio Bob Dylan e Leonard Cohen. Si dice che, nonostante fosse noto per il suo amore per la Francia e Brassens, ammirasse anche la scena folk americana.
Il rapimento in Sardegna: un destino segnato?
Durante il sequestro del 1979, Fabrizio e Dori Ghezzi rimasero ostaggi per quattro mesi. Curiosamente, anni prima, in una sua canzone (Hotel Supramonte), aveva descritto una situazione simile, quasi profetizzando l’evento.
L’incontro con De Gregori: uno scambio di versi
Quando conobbe Francesco De Gregori, tra i due nacque un legame artistico intenso. Un giorno, scherzando, Faber disse: «Hai talento, ma scrivi troppo lungo». Così, De Gregori imparò a condensare i testi, mentre De André si aprì a una scrittura più narrativa.
L’amore per gli animali e la sua “fattoria”
Oltre alla musica, amava gli animali. Nella sua tenuta in Sardegna viveva con cavalli, asini, cani e persino un cinghiale domestico. Il contatto con la natura era per lui essenziale.
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