Jeff Beck

Nascita di una leggenda tra le vie di Surrey
C’è un ragazzo a Carshalton, Surrey, che passa le giornate a costruire chitarre con pezzi di legno e a sognare mondi in cui le note sono più importanti delle parole. Geoffrey Arnold Beck nasce il 24 giugno 1944, in piena guerra, ma la sua rivoluzione arriverà anni dopo, quando trasformerà la chitarra elettrica in uno strumento magico, capace di parlare, piangere, urlare e incantare.
Le prime corde e i primi sogni
Jeff cresce in una famiglia semplice, con una madre che preferirebbe vederlo al pianoforte, ma la chitarra è il suo destino. Da autodidatta, impara i segreti dello strumento ascoltando i dischi di Les Paul e Django Reinhardt. A dieci anni già sogna il blues, il rock’n’roll, l’avventura. Negli anni Sessanta entra nei Tridents, band locale che lo mette in mostra per la sua tecnica fuori dal comune e per la sua voglia di sperimentare.
L’esplosione con gli Yardbirds
La svolta arriva nel 1965: Eric Clapton lascia gli Yardbirds e Jeff Beck prende il suo posto. Insieme a Jimmy Page, Beck rivoluziona il sound della band, portando il blues verso territori psichedelici e anticipando il rock duro e il metal. Brani come “Shapes of Things” e “Over Under Sideways Down” segnano una nuova era: la chitarra di Beck non accompagna, ma guida, plasma, inventa.
Il Jeff Beck Group – La nascita del blues rock moderno
Nel 1967 Beck lascia gli Yardbirds e fonda il Jeff Beck Group. Con lui ci sono due giovani destinati a diventare leggende: Rod Stewart alla voce e Ron Wood al basso. Gli album Truth (1968) e Beck-Ola (1969) sono una tempesta di energia, anticipano l’hard rock e influenzano Led Zeppelin e Deep Purple. Il gruppo, però, è instabile: tensioni, caratteri forti, cambi di formazione. Stewart e Wood lasciano per unirsi ai Faces e Beck, dopo un grave incidente d’auto, è costretto a fermarsi.
Nuove strade, nuove sfide
Beck non si arrende. Nel 1971 torna con una nuova formazione del Jeff Beck Group, orientata verso il soul e il rhythm and blues. Pubblica Rough and Ready e Jeff Beck Group, ma sente che la sua strada è altrove. Nel 1972 fonda un supergruppo con Tim Bogert e Carmine Appice: i Beck, Bogert & Appice. L’esperienza è breve ma intensa, tra virtuosismi e sperimentazioni.
L’alchimista dell’elettrico – Jazz fusion e oltre
Gli anni Settanta sono il periodo della svolta jazz fusion. Con Blow by Blow (1975) e Wired (1976), prodotti da George Martin, Beck abbandona quasi del tutto la voce e si concentra sull’espressività pura della chitarra. Il suo stile diventa inconfondibile: bending, armonici, uso magistrale della leva del vibrato, suoni liquidi e taglienti. La critica lo acclama come uno dei più grandi chitarristi di sempre, capace di fondere rock, jazz, funk e blues in un linguaggio unico.
L’evoluzionista solitario
A differenza di molti colleghi, Beck evita le luci della ribalta e le mode. Ogni suo album è diverso dal precedente: There & Back (1980) esplora la fusion elettronica, Flash (1985) lo riporta al pop-rock (con la hit “People Get Ready” insieme a Rod Stewart), Jeff Beck’s Guitar Shop (1989) è un laboratorio di suoni e tecniche. Beck ama sperimentare, collaborare con artisti di ogni genere, dal pop al metal, dal soul all’elettronica.
Collaborazioni e incontri leggendari
Nella sua carriera, Jeff Beck ha suonato con i più grandi: Mick Jagger, Tina Turner, Stevie Wonder (il celebre assolo in “Superstition” fu inizialmente scritto per lui), Kate Bush, Paul Rodgers, Morrissey, Ozzy Osbourne (“Patient Number 9”, 2022), e persino Johnny Depp, con cui pubblica l’album 18 nel 2022. Ogni collaborazione è un viaggio, una sfida, un modo per reinventarsi.
Premi, riconoscimenti e la doppia Hall of Fame
Beck è uno dei pochissimi artisti inseriti due volte nella Rock & Roll Hall of Fame: nel 1992 con gli Yardbirds e nel 2009 come solista. Ha vinto otto Grammy Awards, tra cui Best Rock Instrumental Performance per “Hammerhead” (2011), “A Day in the Life” (2010), “Dirty Mind” (2010), “Plan B” (2004), e molti altri. Ha ricevuto un BAFTA per la miglior colonna sonora televisiva e numerose nomination per collaborazioni con artisti di ogni genere.
Il genio schivo
Jeff Beck è sempre stato un outsider: schivo, perfezionista, allergico alle regole dell’industria musicale. Non ha mai cercato il successo facile, preferendo la ricerca sonora alla popolarità. Ha attraversato decenni di musica senza mai ripetersi, restando fedele alla sua visione. “Ci sono molti chitarristi che suonano come una macchina da scrivere. Tecnicamente sono grandi, ma non è il mio stile”, dichiarava.
Le ombre e la rinascita
La vita di Beck non è stata solo musica. Ha affrontato periodi difficili, come la malattia (una forma di Legionella che lo ha quasi ucciso negli anni Novanta), la solitudine, le delusioni sentimentali e la pressione dei media. In quei momenti, si rifugiava nelle sue passioni: il restauro di auto d’epoca, la campagna inglese, la sperimentazione sonora. Beck trovava sempre una via per ripartire, trasformando le crisi in nuove occasioni creative.
Gli ultimi anni – Tra tour, live e nuove sfide
Fino agli ultimi giorni, Jeff Beck è rimasto un artista attivo e curioso. Nel 2016 pubblica Loud Hailer, un disco di denuncia sociale. Nel 2015 esce il live Jeff Beck Live+, che raccoglie il meglio dei suoi concerti e due inediti. Continua a suonare dal vivo con energia e passione, spesso in tour con ZZ Top e altri grandi del rock, mostrando che la sua chitarra non ha mai perso la voce.
L’addio di un gigante
Jeff Beck si spegne il 10 gennaio 2023 a Wadhurst, East Sussex, all’età di 78 anni, per una meningite batterica. Il mondo della musica lo saluta come uno dei più grandi chitarristi di sempre, un innovatore che ha lasciato un segno indelebile nella storia del rock, del blues e del jazz fusion.
L’eredità di Jeff Beck
Beck non era solo un virtuoso, ma un narratore senza parole: ogni sua nota era un’emozione, un racconto, un viaggio. Il suo stile ha influenzato generazioni di chitarristi, da Jimmy Page a Eddie Van Halen, da Slash a John Mayer. La sua discografia è un’enciclopedia di sperimentazione: dagli Yardbirds al Jeff Beck Group, dai supergruppi alle collaborazioni, dai live ai lavori solisti come Blow by Blow, Wired, Guitar Shop, Loud Hailer e 18
segue… ⬇️
discografia
discografia ⬇️⬆️
Truth | 1968 | Debutto da solista con Rod Stewart alla voce, mix di blues rock e hard rock. |
Beck-Ola | 1969 | Secondo album con i Jeff Beck Group, ancora con Rod Stewart, più sperimentale. |
Rough and Ready | 1971 | Primo album con i Beck, Bogert & Appice, fusion tra rock e funk. |
Jeff Beck Group | 1972 | Ritorno alle radici blues con una nuova formazione. |
Blow by Blow | 1975 | Primo album strumentale, influenze jazz-fusion, prodotto da George Martin. |
Wired | 1976 | Continua l’esplorazione fusion con Jan Hammer alle tastiere. |
There & Back | 1980 | Ritorno dopo una pausa, ancora fusion con Jan Hammer e nuovi collaboratori. |
Flash | 1985 | Album più commerciale, con Rod Stewart e Nile Rodgers, vince un Grammy. |
Jeff Beck’s Guitar Shop | 1989 | Trio con Terry Bozzio e Tony Hymas, ritorno al rock strumentale. |
Crazy Legs | 1993 | Tributo a Cliff Gallup e Gene Vincent, rockabilly anni ’50. |
Who Else! | 1999 | Sperimentazione con elettronica e world music, nuovo sound moderno. |
You Had It Coming | 2001 | Vincitore di un Grammy, mix di rock, elettronica e blues. |
Jeff | 2003 | Album più variegato, con influenze che vanno dal blues alla musica orientale. |
Emotion & Commotion | 2010 | Ritorno dopo anni, collaborazioni con Joss Stone e orchestra classica. |
Loud Hailer | 2016 | Album più politico, con Rosie Bones alla voce, sonorità rock moderne. |
curiosità
L’unica apparizione cinematografica: Blow Up
Uno degli album più celebri di Beck, Blow by Blow (1975), richiama nel titolo un film iconico: Blow Up di Michelangelo Antonioni (1967). In questo film, Jeff Beck recita insieme a Jimmy Page degli Yardbirds in una scena leggendaria dove spacca la chitarra sul palco, rendendo il rock protagonista assoluto. È forse l’unica vera apparizione di Beck sul grande schermo, in un’opera che ha ispirato registi come Stanley Kubrick e Brian De Palma e che fu premiata sia agli Oscar che a Cannes. Antonioni stesso disse: “Blow Up è come lo zen: nel momento in cui lo si spiega, lo si tradisce”.
La super formazione di “Beck’s Bolero”
Nel 1966, Beck mette insieme una super band per registrare “Beck’s Bolero”: con lui ci sono Jimmy Page (chitarra a 12 corde), John Paul Jones (basso), Keith Moon (batteria) e Nicky Hopkins (tastiere). Questo brano è considerato uno dei primi veri strumentali rock e un precursore della musica strumentale moderna. Beck suonava una Gibson Les Paul del ’59, oggi una delle chitarre più iconiche e preziose al mondo.
Il “licenziamento” dagli Yardbirds e la svolta
Nel 1966, Beck viene “licenziato” dagli Yardbirds, nonostante condividesse il ruolo di chitarrista con Jimmy Page. Il suo spirito irrequieto e la voglia di esplorare nuove strade musicali lo portano a fondare il Jeff Beck Group, con Rod Stewart e Ronnie Wood, e a incidere album seminali come Truth e Beck-Ola.
La nascita di “Superstition” con Stevie Wonder
Durante le sessioni di Talking Book, Stevie Wonder scrive “Superstition” proprio per Jeff Beck, che registra una sua versione con i Beck, Bogert & Appice. Tuttavia, la versione di Wonder esce prima e diventa una hit mondiale. Beck, in quel periodo, suonava una Les Paul del ’54 pesantemente modificata, la celebre “Ox Blood”, che apparirà anche sulla copertina di Blow by Blow.
L’amore per la Stratocaster
Beck è stato identificato per anni con la Fender Stratocaster, che iniziò a usare stabilmente dopo che John McLaughlin gliene regalò una. La Stratocaster, con la sua leva del tremolo, divenne il suo strumento prediletto per sperimentare bending, armonici e suoni innovativi. Jan Hammer, tastierista della Mahavishnu Orchestra, influenzò molto il suo stile in questo periodo.
Innovatore schivo e perfezionista
Beck non ha mai imparato a leggere la musica, suonava tutto “a orecchio” e si affidava all’istinto. Era noto per il suo perfezionismo: incideva decine di versioni di un solo assolo prima di sceglierne una. Non amava seguire le mode e preferiva la sperimentazione alla popolarità.
Unico chitarrista due volte nella Rock & Roll Hall of Fame
Jeff Beck è stato inserito due volte nella Rock & Roll Hall of Fame: la prima con gli Yardbirds (1992), la seconda come solista (2009). Un riconoscimento che pochissimi chitarristi possono vantare.
Un’anima da outsider
A differenza di molti colleghi, Beck ha sempre evitato il mainstream e la fama facile, preferendo la ricerca sonora e la libertà creativa. Era anche un appassionato restauratore di auto d’epoca, spesso più a suo agio in officina che sotto i riflettori.
Collaborazioni leggendarie
Beck ha collaborato con artisti di ogni genere: da Rod Stewart a Stevie Wonder, da Mick Jagger a Tina Turner, da Ozzy Osbourne a Johnny Depp (con cui ha pubblicato l’album 18 nel 2022). Ha anche inciso una versione della celebre aria “Nessun Dorma” di Puccini nel 2010.
La sua influenza tra i “chitarristi dei chitarristi”
Chiedete a Hendrix, Page, Clapton, Vai, Satriani o Steve Lukather chi sia il migliore: molti risponderanno Jeff Beck. Era il “chitarrista dei chitarristi”, idolatrato per la sua capacità di reinventare la chitarra elettrica e portarla a livelli espressivi ineguagliabili.
Questi aneddoti e curiosità raccontano il genio, la visione e la personalità unica di Jeff Beck, un artista che ha sempre scelto la strada meno battuta e che ha lasciato un’eredità indelebile nella storia della musica moderna.