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Leonard Cohen

Leonard Cohen, 1988 01

Leonard Cohen: Il poeta della canzone

Le origini di un cantore dell’anima

Nel cuore di Montréal, in una fredda mattina del 21 settembre 1934, nacque un’anima destinata a intrecciare poesia e musica in un tessuto ineguagliabile: Leonard Norman Cohen. Figlio di una famiglia ebraica benestante, Cohen crebbe immerso nella letteratura e nella spiritualità, influenze che avrebbero segnato indelebilmente il suo percorso artistico.

Sin dalla giovane età, Leonard dimostrò una passione viscerale per la parola scritta. Durante gli anni trascorsi alla McGill University, si fece notare come poeta di talento, pubblicando la sua prima raccolta, Let Us Compare Mythologies (1956). La poesia era il suo linguaggio primario, ma la musica, ancora latente, attendeva di emergere.

L’incontro con la musica e l’esordio tardivo

Negli anni ’60, Cohen si trasferì sull’isola greca di Hydra, dove affinò il suo talento letterario pubblicando romanzi come The Favourite Game (1963) e Beautiful Losers (1966). Tuttavia, il richiamo della musica divenne irresistibile. Decise di trasferirsi a New York, immerso nella vibrante scena folk del Greenwich Village. Lì, grazie a Judy Collins, che portò al successo Suzanne, Cohen catturò l’attenzione dell’industria musicale.

Nel 1967 pubblicò il suo album di debutto, Songs of Leonard Cohen. Il disco, intriso di lirismo e malinconia, includeva brani divenuti immortali come Suzanne e So Long, Marianne. La sua voce profonda e la sua poetica sofisticata lo resero un cantautore atipico, capace di trasformare il folk in qualcosa di mistico e ipnotico.

Gli anni d’oro: dalla poesia alla spiritualità

Gli anni ’70 furono il periodo della consacrazione. Album come Songs from a Room (1969), con la celebre Bird on the Wire, e Songs of Love and Hate (1971) consolidarono la sua reputazione di poeta-musicista. Ogni canzone era un mosaico di amore, spiritualità e disillusione, un viaggio interiore raccontato con parole precise e mai scontate.

Con New Skin for the Old Ceremony (1974) e Recent Songs (1979), Cohen abbracciò sonorità più ricercate, sperimentando con strumenti esotici e arrangiamenti più complessi. Ma fu negli anni ’80 che il suo successo raggiunse nuove vette, grazie all’album Various Positions (1984), che conteneva il brano destinato a diventare un inno senza tempo: Hallelujah. Curiosamente, il pezzo non ebbe un immediato riscontro commerciale, ma divenne celebre grazie alle reinterpretazioni di artisti come Jeff Buckley e John Cale.

Un’icona senza tempo

Negli anni ’90, Leonard Cohen si ritirò per un lungo periodo in un monastero buddista in California, assumendo il nome di Jikan, che significa “silenzio”. Lontano dai riflettori, cercò una nuova comprensione della vita e della sua arte. Tuttavia, il richiamo della musica era troppo forte per essere ignorato. Tornò sulle scene nel 2001 con Ten New Songs, un album che segnava una rinascita artistica e spirituale.

Il decennio successivo lo vide protagonista di un ritorno trionfale. Dopo un lungo tour mondiale, pubblicò album acclamati dalla critica come Old Ideas (2012) e Popular Problems (2014). La sua voce, sempre più profonda e cavernosa, sembrava provenire da un altro mondo, narrando storie di amore, perdita e redenzione con una saggezza senza tempo.

L’ultimo saluto: You Want It Darker

Nel 2016, pochi mesi prima della sua scomparsa, Cohen pubblicò You Want It Darker, un’opera intensa e quasi profetica. Il brano omonimo, con il suo inquietante coro in ebraico Hineni, Hineni (“Eccomi, eccomi”), sembrava un addio consapevole. Il 7 novembre dello stesso anno, Leonard Cohen si spense a Los Angeles all’età di 82 anni, lasciando un’eredità artistica immortale.

L’eredità di un poeta musicale

Leonard Cohen non è stato solo un cantautore, ma un vero e proprio profeta della canzone, capace di tradurre le profondità dell’anima in melodie indimenticabili. La sua opera continua a ispirare generazioni di artisti e ascoltatori, dimostrando che la poesia e la musica possono fondersi in un linguaggio universale capace di toccare l’eterno.

La sua voce riecheggia ancora: bassa, graffiata, ma incredibilmente umana. E nelle sue canzoni, Leonard Cohen non ci ha lasciato solo parole e accordi, ma frammenti di vita, incisi nella memoria collettiva dell’umanità.

Songs of Leonard Cohen1967Album di debutto, con canzoni iconiche come “Suzanne” e “So Long, Marianne”.
Songs from a Room1969Secondo album, con brani come “Bird on the Wire” e “The Partisan”.
Songs of Love and Hate1971Album introspettivo, con canzoni come “Famous Blue Raincoat” e “Avalanche”.
New Skin for the Old Ceremony1974Album più ricco di arrangiamenti, con temi come l’amore e la spiritualità.
Death of a Ladies’ Man1977Collaborazione con Phil Spector, con sonorità più pop e sperimentali.
Recent Songs1979Ritorno alle origini acustiche, con influenze jazz e world music.
Various Positions1984Include “Hallelujah”, uno dei suoi brani più celebri.
I’m Your Man1988Album con sonorità synth-pop e testi ironici, come “First We Take Manhattan”.
The Future1992Riflessioni oscure sul futuro e la società, con brani come “Closing Time”.
Ten New Songs2001Ritorno dopo anni di silenzio, con collaborazione di Sharon Robinson.
Dear Heather2004Album sperimentale, con poesie messe in musica e collaborazioni vocali.
Old Ideas2012Album acclamato dalla critica, con temi spirituali e riflessioni sulla mortalità.
Popular Problems2014Ultimo album in studio, con sonorità blues e jazz.
You Want It Darker2016Ultimo album pubblicato prima della morte, con temi profondi e spirituali.
Thanks for the Dance2019 (postumo)Album postumo, completato con materiale inedito registrato prima della morte.

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curiosità

La storia dietro Hallelujah

Quando Cohen scrisse Hallelujah, si dice che compose circa 80 versi prima di selezionare quelli definitivi. Passò anni a perfezionare il brano, tanto che durante una notte d’ispirazione si chiuse in una stanza d’albergo a New York e scrisse versi in mutande sul pavimento, completamente immerso nel processo creativo.

Il pezzo inizialmente non ebbe successo, tanto che l’etichetta discografica rifiutò di pubblicare l’album Various Positions negli Stati Uniti. Solo grazie a cover di John Cale e Jeff Buckley il brano divenne un classico senza tempo.

La relazione con Janis Joplin

Cohen ebbe un’avventura con Janis Joplin al Chelsea Hotel di New York, un luogo frequentato da artisti e musicisti. Lui stesso raccontò l’episodio nella canzone Chelsea Hotel #2, in cui descriveva un incontro passionale con Joplin, che inizialmente cercava Kris Kristofferson. In seguito, Cohen si pentì di aver rivelato pubblicamente il nome di Janis, ritenendolo un atto poco elegante.

L’amore per Marianne Ihlen e la lettera d’addio

Una delle donne più importanti della sua vita fu Marianne Ihlen, la musa di So Long, Marianne. Si conobbero sull’isola greca di Hydra negli anni ’60 e vissero un’intensa storia d’amore. Quando lei era in punto di morte nel 2016, Cohen le scrisse una lettera toccante:
“Marianne, siamo arrivati a quel momento in cui siamo così vecchi che i nostri corpi cadono a pezzi e penso che ti seguirò molto presto. Sappi che ti sono così vicino che se allunghi la mano, puoi toccare la mia. Ti amo per sempre.”
Marianne morì il 28 luglio 2016. Leonard Cohen la seguì pochi mesi dopo, il 7 novembre.

L’esperienza monastica e il tradimento del manager

Negli anni ’90, Cohen si ritirò in un monastero buddista sul Monte Baldy, in California, prendendo il nome di Jikan (“il silenzioso”). Visse per cinque anni come monaco zen, rasandosi la testa e meditando ogni giorno sotto la guida del maestro Kyozan Joshu Sasaki.

Quando tornò alla vita pubblica, scoprì che il suo ex manager Kelley Lynch gli aveva sottratto circa 5 milioni di dollari, lasciandolo quasi senza soldi. Questo scandalo lo costrinse a tornare in tour nel 2008 a 73 anni, con spettacoli leggendari che lo riportarono all’apice della fama.

L’influenza letteraria e la passione per García Lorca

Cohen considerava Federico García Lorca una delle sue maggiori influenze. Addirittura chiamò la figlia Lorca Cohen in onore del poeta spagnolo. Durante un viaggio in Spagna, visitò la casa di Lorca a Granada e confessò di sentirsi in presenza di un maestro spirituale.

Il premio Principe delle Asturie e il discorso memorabile

Nel 2011, Cohen ricevette il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura. Nel suo discorso di accettazione disse che non era lui ad aver dato qualcosa alla poesia o alla musica, ma che era stato il contrario: “Tutto quello che ho mai scritto è stato il frutto di un dono ricevuto.”

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