Traffic

Una Nebbia Psichedelica sulle Midlands
Immagina l’Inghilterra del 1967: le strade umide di Birmingham, i pub fumosi, i giovani che sognano di cambiare il mondo a colpi di note e rivoluzioni. In questa atmosfera densa di fermento, quattro ragazzi delle Midlands Occidentali si incontrano per caso e per destino. Steve Winwood, Jim Capaldi, Chris Wood e Dave Mason: nomi che, di lì a poco, avrebbero tracciato una nuova rotta nella storia del rock, fondando i Traffic.
L’Incrocio delle Strade
Steve Winwood non è un ragazzo qualunque. A quattordici anni è già la voce dei Spencer Davis Group, una delle band più famose della British Invasion. Ma Winwood sente che la sua strada è altrove: vuole sperimentare, mescolare, osare. Così, nel 1967, lascia la band e si ritrova a jammare all’Elbow Room di Aston con Capaldi, Mason e Wood. Quattro personalità diverse, quattro strumenti che si intrecciano: tastiere, batteria, chitarra, fiati. Nasce un’alchimia nuova, fatta di psichedelia, folk, jazz e soul.
Il nome “Traffic” arriva per caso, mentre aspettano di attraversare la strada a Dorchester. Capaldi lo suggerisce, e subito tutti capiscono che è quello giusto: Traffic, come il flusso di idee, suoni, emozioni che li attraversa e li unisce.
La Cottage Band e il Sogno Psichedelico
Per scrivere e provare, i Traffic si rifugiano in un cottage sperduto nel Berkshire. È qui che nascono le prime canzoni, tra notti insonni, jam session infinite e sperimentazioni con strumenti inusuali: Mellotron, sitar, flauti, organi, harpsichord. La band si immerge nel clima psichedelico dell’epoca, ma già si intuisce la voglia di andare oltre, di mescolare generi e influenze.
Nel 1967 pubblicano il primo singolo, “Paper Sun”, che scala subito le classifiche britanniche. Poi arriva “Hole in My Shoe”, un trip psichedelico scritto da Mason che conquista le radio e diventa uno dei simboli dell’estate dell’amore. Ma è con “Dear Mr. Fantasy”, title track dell’album d’esordio, che i Traffic entrano nella leggenda: un brano che unisce virtuosismo e malinconia, psichedelia e poesia.
Successo, Tensioni e Prime Fratture
Il successo arriva veloce, ma porta con sé tensioni. Winwood e Mason hanno visioni diverse: il primo vuole esplorare, improvvisare, contaminare; il secondo preferisce la forma canzone, la melodia pop. Dopo il secondo album, “Traffic” (1968), che contiene la celebre “Feelin’ Alright?”, Mason lascia la band per la prima volta, segnando l’inizio di una serie di abbandoni e ritorni che caratterizzeranno la storia del gruppo.
Nonostante le frizioni, il gruppo continua a sperimentare: il sound si arricchisce di jazz, folk, soul. I concerti diventano vere e proprie esperienze immersive, con improvvisazioni che sfidano le regole del rock tradizionale.
La Prima Fine e la Rinascita
Nel 1969, con Winwood coinvolto nella nascita dei Blind Faith insieme a Eric Clapton, i Traffic si sciolgono per la prima volta. Ma la musica non si ferma: esce “Last Exit”, un album che raccoglie brani in studio e dal vivo, quasi un testamento di quella prima stagione psichedelica.
Dopo la breve avventura con i Blind Faith, Winwood sente il bisogno di tornare alle origini. Inizia a lavorare a un album solista, ma ben presto Capaldi e Wood si uniscono a lui. Così nasce “John Barleycorn Must Die” (1970), un disco che segna la svolta: meno psichedelia, più folk, jazz e progressive. Il brano tradizionale “John Barleycorn” diventa un inno, e il disco consacra i Traffic come pionieri della nuova scena rock britannica.
La Maturità e l’Epoca d’Oro
Gli anni ’70 sono il periodo d’oro dei Traffic. La formazione si arricchisce di nuovi membri: Rick Grech al basso e violino, Jim Gordon alla batteria, Rebop Kwaku Baah alle percussioni, e i musicisti della Muscle Shoals Rhythm Section, Roger Hawkins e David Hood. Il sound si fa sempre più ricco, sofisticato, contaminato.
Nel 1971 esce “The Low Spark of High Heeled Boys”, forse il loro capolavoro: un album che mescola rock, jazz, folk e soul in modo magistrale. Il brano omonimo, con il suo ritmo ipnotico e la sua atmosfera sospesa, diventa un classico. Seguono altri dischi di grande successo, come “Shoot Out at the Fantasy Factory” (1973) e “When the Eagle Flies” (1974).
La Seconda Fine e il Mito
Nonostante il successo, le tensioni interne e i problemi di salute di alcuni membri portano allo scioglimento definitivo nel 1974. Winwood intraprende una brillante carriera solista, Capaldi si dedica a nuovi progetti, Wood muore prematuramente nel 1983. Ma il mito dei Traffic non si spegne: la loro musica continua a influenzare generazioni di artisti, dal progressive rock al jazz fusion, dal folk al pop.
Nel 1994, Winwood e Capaldi si riuniscono per un ultimo album, “Far From Home”, e un tour celebrativo. Nel 2004, la band viene inserita nella Rock and Roll Hall of Fame, a testimonianza di un’eredità che va ben oltre le mode e i generi.
L’Innovazione Come Stile di Vita
Cosa rende unici i Traffic? Prima di tutto, la capacità di fondere generi diversi: rock, jazz, folk, psichedelia, soul. Poi l’uso di strumenti inusuali per una rock band: flauti, sax, organi, Mellotron, sitar. E soprattutto la voglia di sperimentare, di rompere gli schemi, di cercare sempre nuove strade.
I Traffic non hanno mai avuto paura di osare: le loro canzoni cambiano forma, si allungano, si trasformano in suite, in viaggi sonori. Ogni album è un mondo a sé, un laboratorio di idee e suoni. Il loro approccio ha aperto la strada al progressive rock, al jazz-rock, alla world music.
I Protagonisti
Steve Winwood: voce, tastiere, chitarra. Il cuore e l’anima dei Traffic, dotato di una voce inconfondibile e di un talento polistrumentale fuori dal comune.
Jim Capaldi: batteria, voce, testi. Il poeta della band, autore di liriche visionarie e di groove indimenticabili.
Chris Wood: fiati, flauto, sax. L’alchimista dei suoni, capace di trasformare ogni brano in un viaggio psichedelico.
Dave Mason: chitarra, voce. Il genio irrequieto, autore di alcune delle canzoni più amate, come “Feelin’ Alright?”.
Tra i membri successivi: Rick Grech, Rebop Kwaku Baah, Roger Hawkins, David Hood, Jim Gordon. Ognuno ha lasciato un’impronta indelebile nel sound Traffic.
Curiosità e Aneddoti
Il nome “Traffic” non ha nulla a che vedere con la droga, ma nasce casualmente mentre i membri aspettavano di attraversare la strada.
“Hole in My Shoe”, uno dei loro brani più celebri, era detestato da Winwood perché troppo pop rispetto all’identità della band.
La band viveva e componeva in un cottage isolato, dove sperimentava con strumenti e sostanze, in perfetto stile anni ’60.
Dave Mason lasciò e rientrò nella band più volte, alimentando una leggenda di instabilità e genialità.
Chris Wood era famoso per la sua capacità di passare dal flauto al sax, arricchendo ogni brano di colori unici.
Nel 1994, durante la reunion, Winwood e Capaldi registrarono tutto l’album “Far From Home” praticamente da soli, suonando quasi tutti gli strumenti.L’Eredità dei Traffic
I Traffic hanno lasciato un segno profondo nella storia della musica. Hanno dimostrato che il rock può essere contaminazione, sperimentazione, viaggio. Hanno ispirato generazioni di musicisti, dal progressive al jazz-rock, dal folk al pop.
La loro musica continua a essere ascoltata, studiata, reinterpretata. Brani come “Dear Mr. Fantasy”, “Feelin’ Alright?”, “John Barleycorn”, “The Low Spark of High Heeled Boys” sono diventati classici senza tempo, colonne sonore di un’epoca e di una rivoluzione culturale.
La Strada Continua
Oggi, a distanza di decenni, la musica dei Traffic continua a fluire come un fiume carsico, pronta a riemergere ogni volta che qualcuno cerca qualcosa di autentico, di diverso, di rivoluzionario. La loro storia è quella di una band che non ha mai avuto paura di perdersi per ritrovarsi, di cambiare strada per inventarne una nuova. Perché, come diceva Capaldi, “la musica è traffico: un continuo incrocio di idee, emozioni, destini”. continua…
discografia
discografia ⬇️⬆️
Mr. Fantasy (UK) / Heaven Is in Your Mind (US) | 1967 | Debutto psichedelico con influenze rock e pop, tra cui successi come Paper Sun e Hole in My Shoe. |
Traffic (US) / Heaven Is in Your Mind (riedizione) | 1968 | Versione statunitense con brani riarrangiati rispetto all’album originale UK. |
Traffic (UK) | 1968 | Secondo album UK, più sperimentale, con Feelin’ Alright? e 40,000 Headmen. |
Last Exit | 1969 | Album post-scioglimento iniziale, con brani inediti e live, tra cui Medicated Goo. |
John Barleycorn Must Die | 1970 | Ritorno del gruppo con un sound più orientato al folk-rock e al jazz, considerato un capolavoro. |
The Low Spark of High Heeled Boys | 1971 | Uno degli album più celebri, con lunghe suite progressive e influenze jazz-rock. |
Shoot Out at the Fantasy Factory | 1973 | Album più orientato al funk e al rock, con pezzi come Roll Right Stones. |
When the Eagle Flies | 1974 | Ultimo album in studio prima dello scioglimento, con un sound più cupo e sperimentale. |
More Heavy Traffic (raccolta) | 1975 | Raccolta postuma di brani inediti e outtakes. |
The Last Great Traffic Jam (live) | 2005 | Registrazione dal tour di reunion del 1994, con Steve Winwood e Jim Capaldi. |
T-Shirt
curiosità
Le storie dietro le canzoni più famose dei Traffic raccontano un viaggio tra psichedelia, folk e jazz, riflettendo le esperienze e le tensioni della band.
“Dear Mr. Fantasy” nasce nel 1967 durante una sessione nel cottage isolato nel Berkshire, simbolo dell’estate dell’amore e della creatività psichedelica. Il brano, divenuto un inno generazionale, esprime la frustrazione e il desiderio di evasione, con un riff ipnotico e testi evocativi.
“Hole in My Shoe”, scritta da Dave Mason, è un pezzo psichedelico che riflette l’atmosfera colorata e surreale della Summer of Love. Nonostante il successo, Steve Winwood la considerava troppo pop e distante dall’identità della band.
“Feelin’ Alright?”, anch’essa di Mason, è diventata un classico reinterpretato da molti artisti. La canzone nasce da un momento di riflessione sulla confusione emotiva e il bisogno di chiarezza, e rappresenta la vena più soul e blues della band.
“John Barleycorn Must Die” è un adattamento di una ballata tradizionale inglese, che riflette la maturazione musicale dei Traffic verso un sound più folk e progressivo. L’album omonimo è stato inizialmente concepito come progetto solista di Winwood, ma si trasformò in un lavoro di gruppo che segnò la rinascita della band nel 1970.
“The Low Spark of High Heeled Boys” (1971) è un brano che incarna la fusione di rock, jazz e folk, con testi enigmatici e un groove ipnotico. Il titolo e il testo sono ispirati a personaggi reali e a un’atmosfera di ribellione e ricerca di libertà
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Le Nove Vite di Steve Winwood
Steve Winwood, genio precoce e polistrumentista d’eccezione, ha segnato il rock inglese con Spencer Davis Group, Traffic e Blind Faith, fondendo soul e rock con eleganza inimitabile.