Gary Moore

Gary Moore: Il Chitarrista del Destino
Introduzione: L’Assolo dell’Anima
Nel vasto panorama della musica rock e blues, pochi artisti hanno saputo esprimere la propria anima attraverso una chitarra come Gary Moore. Il suono delle sue sei corde era un grido di passione, un’esplosione di emozioni che viaggiavano dal cuore alle dita con una naturalezza disarmante. Dall’hard rock elettrizzante dei primi anni alla struggente malinconia del blues, la sua carriera è stata una sinfonia di evoluzioni e rivoluzioni. Con una vita segnata da successi, collaborazioni leggendarie e una dedizione senza pari, Moore ha lasciato un’eredità musicale impossibile da dimenticare.
Gli Inizi: Un Talento Nato a Belfast
Robert William Gary Moore nacque il 4 aprile 1952 a Belfast, in Irlanda del Nord. Fin da bambino, fu attratto dalla musica, affascinato dal rock ‘n’ roll che stava travolgendo il mondo negli anni ‘50 e ‘60. Crescendo in un’Irlanda del Nord ancora segnata dalle tensioni politiche, trovò nella musica un rifugio e una forma di espressione. Suo padre, promoter musicale, gli fece ascoltare i grandi del blues e del rock, gettando le basi per quella che sarebbe diventata la sua missione artistica.
A soli otto anni ricevette la sua prima chitarra e non passò molto tempo prima che dimostrasse un talento fuori dal comune. I suoi primi idoli furono chitarristi leggendari come Hank Marvin degli Shadows e, successivamente, Eric Clapton e Jimi Hendrix. La determinazione di Moore nel perfezionare la sua tecnica era assoluta: ore e ore passate a suonare fino a padroneggiare ogni sfumatura, ogni nota, ogni vibrazione delle corde.
A quattordici anni, Gary lasciò Belfast per Dublino, in cerca di opportunità musicali migliori. Fu in questo periodo che incontrò un’altra figura fondamentale per la sua crescita artistica: Peter Green, il leggendario chitarrista dei Fleetwood Mac. L’influenza di Green sul giovane Moore fu profonda, non solo musicalmente, ma anche a livello umano. Green lo incoraggiò a seguire il suo cuore e a sviluppare il proprio stile, regalandogli addirittura una Gibson Les Paul Standard del 1959, la stessa chitarra che sarebbe diventata il simbolo del sound di Moore.
Gli Skid Row e la Prima Esplosione
Alla fine degli anni ‘60, Gary Moore entrò negli Skid Row, una band irlandese che mescolava rock e blues in modo innovativo. Nonostante il loro relativo successo e l’uscita di alcuni album degni di nota, il vero tesoro di questo periodo fu per Moore l’esperienza acquisita e il perfezionamento della sua tecnica chitarristica. Fu anche durante questa fase che cominciò a sviluppare il suo caratteristico vibrato e il tocco espressivo che avrebbero definito il suo stile.
Il suo talento non passò inosservato, e ben presto iniziò a collaborare con artisti di spicco della scena rock britannica. Ma Gary Moore era destinato a qualcosa di più grande. Sentiva il bisogno di esplorare nuovi orizzonti, di uscire dai confini di una band per trovare la propria voce.
Colosseum II e l’Esperienza con Phil Lynott
Dopo aver lasciato gli Skid Row, Moore si unì ai Colosseum II, una band jazz-rock guidata dal batterista Jon Hiseman. Qui affinò ulteriormente le sue capacità tecniche, sperimentando con strutture complesse e sonorità fusion. Tuttavia, il richiamo del rock più diretto e viscerale era troppo forte per essere ignorato.
Nel 1974, il destino lo portò a una delle collaborazioni più importanti della sua carriera: l’incontro con Phil Lynott e i Thin Lizzy. Sebbene il suo primo passaggio nella band fosse stato breve, tornò nel 1978 per registrare con loro l’album Black Rose: A Rock Legend, che conteneva alcune delle migliori performance chitarristiche della sua carriera. Il suo assolo in “Waiting for an Alibi” è ancora oggi considerato un capolavoro di espressività e tecnica.
Moore e Lynott avevano un rapporto complicato, fatto di amicizia, rivalità e rispetto reciproco. Anche dopo aver lasciato definitivamente i Thin Lizzy, Moore continuò a collaborare con Lynott, come dimostra la straordinaria “Parisienne Walkways”, un brano che divenne una delle sue firme musicali.
La Carriera Solista e l’Ascesa al Rock Hero
Negli anni ‘80, Gary Moore si impose come solista con una serie di album hard rock che consolidarono la sua fama. Dischi come Corridors of Power (1982), Victims of the Future (1983) e Run for Cover (1985) mostrarono la sua incredibile versatilità e capacità compositiva. Canzoni come “Out in the Fields” (con Lynott) e “Empty Rooms” divennero hit, mentre il suo stile chitarristico veniva sempre più apprezzato dai fan e dalla critica.
Il suo approccio al rock era potente, melodico e sempre emozionale. Moore non era solo un virtuoso, ma un artista capace di trasmettere sensazioni profonde attraverso la sua chitarra. L’hard rock degli anni ‘80 lo consacrò tra i migliori chitarristi della sua generazione.
Il Ritorno al Blues: Still Got the Blues
Alla fine degli anni ‘80, però, Gary Moore sentì il bisogno di tornare alle radici. Il richiamo del blues era troppo forte per essere ignorato. Nel 1990 pubblicò Still Got the Blues, un album che segnò una svolta nella sua carriera e che lo riportò al genere che più sentiva vicino alla sua anima. Il titolo stesso era un manifesto: Moore aveva sempre avuto il blues dentro di sé, e ora lo lasciava esplodere con tutta la sua potenza.
L’album fu un successo straordinario, con brani iconici come “Still Got the Blues (For You)”, “Oh Pretty Woman” e “Walking by Myself”. Collaborò con leggende come Albert King, B.B. King e Albert Collins, dimostrando di poter stare al fianco dei più grandi bluesman della storia.
Da quel momento in poi, il blues divenne il cuore pulsante della sua musica. Seguì una serie di album straordinari, tra cui After Hours (1992) e Blues for Greeny (1995), un tributo al suo mentore Peter Green.
Gli Ultimi Anni e l’Eredità
Negli anni 2000, Moore continuò a pubblicare album e a suonare in tutto il mondo. Nonostante alcune incursioni nel rock, il blues rimase il suo linguaggio principale. Il suo ultimo album, Bad for You Baby (2008), confermò ancora una volta il suo amore per questo genere.
Il 6 febbraio 2011, Gary Moore ci lasciò improvvisamente a soli 58 anni. La sua scomparsa fu un duro colpo per il mondo della musica, ma il suo lascito continua a vivere attraverso la sua incredibile discografia e l’influenza che ha avuto su generazioni di chitarristi.
discografia
discografia ⬇️⬆️
Grinding Stone | 1973 | Album di debutto con i Skid Row, un mix di blues-rock e hard rock. |
Back on the Streets | 1978 | Primo album solista, con influenze hard rock e la famosa ballad “Parisienne Walkways”. |
G-Force | 1980 | Album con la band omonima, orientato verso un sound più commerciale e AOR. |
Corridors of Power | 1982 | Hard rock con assoli virtuosi, tra cui “Falling in Love with You”. |
Victims of the Future | 1983 | Un classico dell’hard rock/heavy metal con pezzi iconici come “Empty Rooms”. |
Dirty Fingers | 1984 | Album pesante e aggressivo, registrato nel 1981 ma pubblicato solo tre anni dopo. |
Run for Cover | 1985 | Collaborazione con Glenn Hughes e Phil Lynott, include “Out in the Fields”. |
Wild Frontier | 1987 | Album con influenze celtiche e rock epico, dedicato alla memoria di Phil Lynott. |
After the War | 1989 | Ritorno a un sound più hard rock, con partecipazioni di Ozzy Osbourne e altri. |
Still Got the Blues | 1990 | Svolta verso il blues, con collaborazioni (Albert King, Albert Collins). Successo mondiale. |
After Hours | 1992 | Secondo capitolo blues, con brani come “Cold Day in Hell” e “Story of the Blues”. |
Blues Alive | 1993 | Album live che celebra il suo periodo blues, registrato in tour. |
Blues for Greeny | 1995 | Tributo a Peter Green (Fleetwood Mac), con reinterpretazioni di classici blues. |
Dark Days in Paradise | 1997 | Sperimentazione con elementi elettronici e moderni, divisivo tra i fan. |
A Different Beat | 1999 | Album eclettico con influenze world music e ritmi africani. |
Back to the Blues | 2001 | Ritorno alle radici blues dopo le sperimentazioni degli anni ’90. |
Power of the Blues | 2004 | Blues-rock energico con pezzi originali e omaggi ai maestri del genere. |
Old New Ballads Blues | 2006 | Mix di nuovi brani e reinterpretazioni, tra cui “Midnight Blues”. |
Close as You Get | 2007 | Blues crudo e autentico, con cover e composizioni originali. |
Bad for You Baby | 2008 | Ultimo album in studio, blues-rock con toni giocosi e tecnica impeccabile. |
curiosità
La Chitarra di Peter Green e la Strana Magia del Suono
Come accennato, Peter Green regalò a Moore una Gibson Les Paul Standard del 1959. Questa chitarra aveva un suono particolare, quasi fuori fase, con un timbro più sottile rispetto ad altre Les Paul dell’epoca. Il motivo? Un errore di cablaggio nei pickup che creava quell’effetto unico, divenuto parte del sound di Moore.
Gary usò questa chitarra in molti dei suoi album più iconici, ma nel 2006 la vendette a un collezionista per circa 2 milioni di dollari per problemi finanziari. Oggi è di proprietà di Kirk Hammett dei Metallica, che la considera un vero tesoro.
Un Chitarrista Destro… ma con Stile da Mancino!
Gary Moore era destro, ma aveva una particolarità nel suo modo di suonare: sviluppò una tecnica di bending e vibrato che ricordava i chitarristi mancini, come Jimi Hendrix e Albert King. Questo contribuì al suo sound inconfondibile, con note che sembravano piangere letteralmente sotto le sue dita.
Il Rifiuto a Ozzy Osbourne
Dopo la morte di Randy Rhoads nel 1982, Ozzy Osbourne cercava disperatamente un chitarrista per sostituirlo. Tra i primi nomi sulla lista c’era proprio Gary Moore. Tuttavia, Moore rifiutò l’offerta, dicendo di non voler essere “solo un chitarrista di una band” e di voler concentrarsi sulla sua carriera solista.
Un’altra versione della storia racconta che Moore e Osbourne avevano una relazione complicata, segnata da forti divergenze caratteriali. Ozzy era famoso per le sue follie, mentre Moore era più disciplinato e meticoloso, due opposti difficili da far coesistere.
L’Ultima Conversazione con Phil Lynott
Poco prima della morte di Phil Lynott nel 1986, Moore e l’ex frontman dei Thin Lizzy ebbero un’ultima telefonata. Gary chiese a Phil di tornare a suonare insieme e rimettere in piedi un progetto. Phil accettò, ma poco dopo venne ricoverato in ospedale per complicazioni dovute all’abuso di droghe e alcol.
Moore rimase profondamente segnato dalla perdita del suo amico e collaboratore, e nel 1989 gli dedicò la struggente canzone “Blood of Emeralds”, un omaggio alle loro radici irlandesi e alla loro amicizia tormentata.
Un Album Blues Nato per Caso
L’album Still Got the Blues (1990) fu il punto di svolta della carriera di Gary Moore, facendolo diventare una leggenda del blues rock. Ma in origine non doveva neanche esistere!
Dopo anni di hard rock, Moore sentiva che il genere stava diventando ripetitivo e commerciale. Durante una jam session, il produttore gli suggerì di registrare un album interamente blues per puro divertimento. Moore accettò senza grandi aspettative, ma quando Still Got the Blues uscì, diventò il suo album più venduto di sempre, con oltre 3 milioni di copie.
Il Danno alla Mano Destra che Quasi gli Costò la Carriera
A metà degli anni ‘90, Moore subì un grave infortunio alla mano destra durante una partita di calcio con alcuni amici musicisti. Il danno ai tendini minacciava di compromettergli la capacità di suonare la chitarra, ma grazie a mesi di fisioterapia e un allenamento meticoloso, riuscì a recuperare e a tornare più forte di prima.
Questo episodio lo rese ancora più ossessionato dalla tecnica e dal controllo del suono, portandolo a sviluppare uno stile ancora più espressivo e intenso.
Il Rapporto di Amore-Odio con la Chitarra
Nonostante fosse uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi, Moore aveva un rapporto complicato con il suo strumento. In un’intervista, dichiarò:
“A volte odio la chitarra. La guardo e penso: ‘Non voglio neanche toccarti oggi’. Ma poi la prendo in mano, e tutto torna al suo posto.”
Questo dimostra quanto la sua musica fosse legata alle sue emozioni: ogni nota suonata da Moore era il risultato di una lotta interiore, di passione e sacrificio.
L’Amore per il Cinema e il Desiderio di una Colonna Sonora
Moore era un grande appassionato di cinema e sognava di scrivere una colonna sonora per un grande film. In effetti, alcune sue composizioni, come The Loner o Parisienne Walkways, sembrano già perfette per una pellicola drammatica.
Purtroppo, il progetto di una vera colonna sonora non si concretizzò mai, ma alcuni suoi brani furono utilizzati in vari film e serie TV, come Still Got the Blues in Miami Vice e The Loner in Chasing the Deer.
La Morte Improvvisa e il Giorno Prima del Destino
Gary Moore morì il 6 febbraio 2011 mentre era in vacanza in Spagna. La sera prima aveva cenato con la sua compagna e alcuni amici, bevendo più del solito ma senza eccessi. La mattina seguente, venne trovato senza vita nella sua stanza d’albergo.
Secondo i medici, il decesso fu causato da un attacco cardiaco dovuto a un mix di alcol e problemi di salute preesistenti. Il mondo della musica perse così uno dei suoi più grandi talenti.
Il Chitarrista Che Ancora Ispira
Anche dopo la sua morte, Gary Moore continua a influenzare musicisti di tutto il mondo. Chitarristi come Joe Bonamassa, John Mayer e Kirk Hammett dei Metallica hanno dichiarato di essersi ispirati al suo stile.
Uno degli omaggi più emozionanti fu il concerto tributo del 2012, dove parteciparono grandi nomi del blues e del rock, tra cui Brian Downey (batterista dei Thin Lizzy), Jon Hiseman e altri musicisti che avevano condiviso il palco con lui.